di Luisa Barbato
(Dott.ssa Luisa Barbato: psicoterapeuta e docente della S.I.A.R.)
Negli scorsi decenni si è fatta avanti nella visione scientifica l’idea che la coscienza sia qualcosa di più esteso e di più complesso di quanto viene comunemente affermato dalla moderna psicologia occidentale che vede nella coscienza un generico principio di auto-consapevolezza legato agli studi sul comportamento umano.
Gli studi sugli stadi alterati di coscienza e la diffusione di numerose pratiche, soprattutto di crescita interiore e di meditazione, tese ad esplorare ed approfondire la percezione della propria coscienza, hanno messo in discussione il tradizione concetto di studio scientifico della coscienza. Tuttavia si può affermare che a tutt’oggi il mondo scientifico non si è occupato del tema della coscienza se non in conseguenza e come interpretazione di importanti scoperte biologiche o fisiche che lasciano intuire l’esistenza di un ordine e di un’intelligenza molto avanzati e non ancora pienamente compresi nel funzionamento della natura.
La psicologia potrebbe in realtà dare un grosso contributo allo studio della coscienza perché, come osserva Sri Aurobindo, “La psicologia dovrebbe essere, più di quanto [attualmente] sia, la scienza della coscienza”[1].
L’ostacolo principale a un’indagine scientifica della coscienza è il paradigma materialistico che ancora contraddistingue gran parte della ricerca scientifica per la quale, per citare Fritjof Capra, la coscienza è solamente “una proprietà di complessi processi della materia che emergono a un certo livello dell’evoluzione biologica”[2], e questo ha comportato che lo studio scientifico occidentale della coscienza, la moderna psicologia, si limiti alle sue manifestazioni nel corpo e nel comportamento. Come dire che vengono sempre osservate alcune, neanche tutte, delle più macroscopiche conseguenze della coscienza, senza mai indagare sua essenza, la sua realtà che viene generalmente confusa con la mente, ossia con la componente cognitiva e intellettiva dei nostri processi interiori. Secondo questa concezione la coscienza è solo un funzionamento della materia, delle cellule del cervello che reagiscono in maniera più o meno complessa agli stimoli esterni, un fenomeno di reazione della materia e dell’energia. Il corpo pensa, percepisce, desidera, parla ecc., il cervello registra le varie azioni, le mantiene in memoria e questo permette che ne divenga consapevole. In questa concezione, la coscienza si riduce a un evento casuale, uno sviluppo accidentale della materia incosciente.
Si tratta di una modalità osservativa è molto superficiale, è come cercare di capire il contenuto di un libro analizzano le specifiche fisico-chimiche della carta e dell’inchiostro che lo compongono, e la fisica subatomica ha iniziato a darci alcuni significativi riscontri della parzialità di questa visione.
Dall’altra parte, le antiche tradizioni yogiche e meditative dell’Oriente, che dello studio della coscienza hanno fatto il loro principale tema d’indagine, si pongono in una posizione speculare asserendo che la coscienza è la realtà essenziale di tutti i fenomeni, e, solo guardando oltre l’apparenza esterna delle cose, troviamo la loro vera realtà che include, ma non può essere ristretta a, la ragione, la volontà, il pensiero creativo, la crescita personale. Il punto di vista d’indagine viene invertito, non viene indagato come il corpo sviluppi e utilizzi la coscienza, bensì come la coscienza sviluppi e utilizzi il corpo. Nell’antico pensiero indiano il concetto di coscienza, fondato direttamente sulle esperienze meditative e sulle pratiche yogiche, è connesso alla Realtà Assoluta come Sat-Chit-Ananda (Esistenza-Coscienza-Beatitudine), dove Chit sta per Forza Cosciente, l’Energia che crea il mondo.
Queste due concezioni sono diametralmente opposte, per il materialismo la materia è l’unica realtà verificabile e la coscienza un suo epifenomeno, una sua caratteristica evoluta; per la visione mistica, invece, è la coscienza ad essere la realtà primaria origine della materia, che così non viene ad avere un fondamento reale, ma ad essere una struttura di energia.
Secondo questi due approcci, la coscienza può appartenere solo agli organismi viventi nel caso del materialismo, o pervadere l’intero universo, essere intrinseca all’esistenza, nel caso del misticismo. Gli illuminati, i grandi mistici, i maestri delle antiche tradizioni ci hanno riferito, sulla base della loro indagine ed esperienza dei piani di coscienza, come essa sia la vera essenza dell’esistenza presente ovunque e in qualsiasi cosa, dalle pietre, agli animali, agli esseri umani e così via.
La concezione orientale della coscienza è in realtà molto articolata perché la forza auto-cosciente dell’esistenza si esplica su più livelli dei quali siamo solo in parte consapevoli. La mente, o la parte intellettiva della coscienza ordinaria secondo i canoni della cultura occidentale, costituisce solo un piano intermedio, al di sotto del quale esistono i piani in gran parte inconsci delle forze emozionali, istintive e fisiche, studiati ampiamente dalla moderna psicologia, fisiologia, biologia ecc.. Ma esistono anche i piani superiori di coscienza, dei quali pure siamo in gran parte non consapevoli, che attengono alle energie intuitive, sottili e spirituali. Si viene così a disegnare uno spettro della coscienza che può essere paragonato allo spettro del suono, nel quale solo alcune frequenze sono percepibili dall’orecchio umano, mentre le altre più basse e più alte non sono percepite, pur indubbiamente esistendo.
I fondatori e sostenitori della psicologia transpersonale, come Charles T. Tart o Stanislav Grof, hanno focalizzato questo punto come essenziale sostenendo che tutti i sistemi psicologici e meditativi rappresentano delle descrizioni accurate dei diversi aspetti delle dimensioni inconsce, dove per inconsce si intendono tutte le parti dell’essere di cui non siamo consapevoli, da quelle fisiche o emotive a quelle sottili e spirituali.
Afferma Sri Aurobindo “ Nelle scienze fisiche l’attenzione principale è alla materia come unico principio dell’essere e all’energia solo come fenomeno della materia; ma in definitiva occorre domandarsi se non sia il contrario, tutte le cose come azione dell’energia, e la materia e il corpo come il suo strumento di lavoro. La prima visione è quantitativa e puramente meccanica, la seconda introduce un elemento qualitativo e più spirituale”[3] .
Ma come arrivare a studiare scientificamente, ossia in maniera non soggettiva, verificabile e sperimentabile, la natura della coscienza?
Quello che le antiche tradizioni tramandano, e che viene ormai comprovato dalla parte più avanzata della scienza, è che occorre un nuovo paradigma, un paradigma olistico, arrivando a una unitarietà di visione tra le due concezioni con gli strumenti che la scienza ha ormai a disposizione. La possibilità di studiare scientificamente la coscienza non è infatti preclusa a priori, ma è strettamente legata alla metodologia impiegata.
I metodi puramente quantitativi e inferenziali possono essere inadeguati agli studi psicologici in quanto l’osservazione e la misurazione, cui segue la codificazione in linguaggio matematico, mal si adattano a comprendere tematiche qualitative dove i fattori soggettivi e di percezione sono dominanti. Non a caso, i temi della coscienza e dell’interiorità, spesso traslati tout-court erroneamente nella moderna psicologia, prima dell’avvento degli studi scientifici erano studiati con approcci filosofici o classici. E così, tra esperimenti di laboratorio e metodi quantitativi da una parte, e indagini filosofiche e spirituali dall’altra, cui contribuivano anche dimensioni suggestive o peggio ancora superstiziose, si è teso a perdere l’intera dimensione complessa dell’essere umano.
E’ possibile studiare scientificamente la coscienza tramite i due metodi fondamentali della scienza che sono l’osservazione e la sperimentazione? Abbiamo le testimonianze dei ricercatori delle antiche tradizioni spirituali, orientali, ma anche occidentali, che si sono dedicati allo studio della coscienza con metodi del tutto simili al moderno approccio scientifico, sotto l’importante ipotesi che non ci sono differenze tra le leggi che governano il piano fisico dell’esistenza e quello psichico, dove con questo ultimo termine deve intendersi una visione più ampia dell’attuale psicologia, ossia una visione che rimanda a psyche come anima. “E’ solo una differenza di energia e di strumenti” ci hanno detto i grandi saggi dell’umanità che hanno osservato e sperimentato la propria interiorità con rigore analogo a quello del metodo scientifico. Secondo queste tradizioni, lo studio della coscienza richiede una conoscenza intuitiva e sperimentale che ha per metodo fondamentale l’osservazione dei processi mentali e delle loro memorie antiche iscritte nel corpo. Questo si accompagna allo sviluppo di sensi interiori più sottili, ossia allo sviluppo di capacità intuitive e analogiche di conoscenza che rappresentano gli strumenti più adatti alla sperimentazione degli stadi di coscienza, affiancandosi, e non sostituendosi, alla ricerca che impiega i sensi grossolani e l’intelletto.
Come nella scienza, anche nella ricerca interiore occorre sperimentare ed accumulare esperienza, seguendo fedelmente i metodi lasciati dai Maestri o dai sistemi indicati dal passato. Altrimenti, come afferma Lama Govinda, “Senza la presenza di una tradizione, nella quale sono formulate le esperienze e la conoscenza delle generazioni precedenti, ciascun individuo sarebbe obbligato a padroneggiare l’intero dominio dello psichico e solo pochi favoriti raggiungerebbero il traguardo della conoscenza”[4]
Occorre quindi fare riferimento nello studio della coscienza alle conoscenze già acquisite nel passato, in questo modo le varie esperienze osservate possono essere ricondotte in un’intelaiatura di riferimento che guida il ricercatore, così come nel metodo scientifico le sperimentazioni sono inserite nella conoscenza già acquisita e permettono di non perdersi nel vasto ambito della conoscenza sia essa dei processi fisici che psichici
La coscienza ordinaria, la mente, deriva dalla materia, dall’energia della materia, ci dice la scienza; la materia e la mente sono differenti livelli di organizzazione della stessa energia, della stessa forza cosciente dell’esistenza, ci dice l’antico pensiero indiano.
Queste due visioni possono essere molto vicine, ma per integrarle occorre un paradigma olistico che includa i vari sistemi di conoscenza e le loro scoperte, secondo una mappa dell’intero spettro della coscienza umana.
Luisa Barbato, analista Reichiana della S.I.A.R (Scuola Italiana di Analisi Reichiana)
Bibliografa
– Sri Aurobindo, “Saggi sul Divino e l’Umano”, Sri Aurobindo Ashram, Pondicherry
– Sri Aurobindo, “Materialism” in “The Supramental Manifestation and other Writings”,
SABCL.
– Fritjof Capra, “Uncommon Wisdom, Londra, Fontana Paberbacks
– Fritjof Capra, “Il tao della fisica”, Roma, Adelphi
– A.S. Dalal, “Sri Aurobindo, a greater psycology”, Sri Aurobindo Ashram, Pondicherry
– A.S. Dalal, “Sri Aurobindo, and the future psycology”, Sri Aurobindo Ashram,
Pondicherry
– Lama Govinda, “The two types of psychology”, in Robert E. Ornstein
– S.Grof “Realms of the human unconscious”, New York, Dutton
– Indra Sen, “Integral Psychology”, Sri Aurobindo International Centre of
Education, Pondicherry
– Charles T.Tart, “Stati di coscienza”, Astrolabio
– Ken Wilber, “Lo spettro della coscienza”, Crisalide Edizioni
Comentarios