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Immagine del redattoreRoberto Maria Sassone

Il ritorno del Sacro nella Mindfulness



La maggior parte di volte che sento parlare di mindfulness l'accento viene posto sull'abilità di mettere l'attenzione sull'esperienza che si dispiega momento per momento, sulle sensazioni corporee e sull'attività mentale. Un altro modo con cui si definisce la Mindfulness è "Accettazione dell'esperienza con atteggiamento compassionevole, nella capacità di auto-osservazione non giudicante" (Han, Gilbert, Kabat-Zinn). Ovviamente queste sono le caratteristiche basilari della mindfulness che mettono in evidenza il recupero della consapevolezza di esserci e della presenza nel flusso della vita.

Questa è la visione di Kabat-Zinn, per lo meno quella ufficiale, che riesce ad essere accolta nella cultura accademica e che le neuroscienze stanno studiando con risultati molto promettenti. Rendo omaggio quindi a Kabat-Zinn e a tutti i ricercatori che lo hanno seguito in questa ricerca, perché hanno reso possibile che la meditazione possa essere accolta nelle università, negli ospedali, nelle carceri, nelle scuole e nelle professioni di aiuto.

Chi pratica la mindfulness si rende conto che passa la maggior parte della giornata in uno stato di ipnosi che crede sia la sua consapevolezza e che invece è una specie di sogno da svegli in cui ogni esperienza viene filtrata e distorta dalle formazioni mentali condizionate dalla propria storia personale, proiettando sugli altri e sugli avvenimenti sentimenti illusori distorti dalle paure, dai conflitti, dalle relazioni primarie patologiche, carenti e disfunzionali. Sulla base di questa sofferenza emotiva ognuno crea una falsa immagine di sé e degli altri, dando vita anche ad idee e ad ideologie sulla vita, sulla morale e sul mondo che risentono completamente di questo disagio interiore che nell'attuale società è diventato insopportabile.

Gli impulsi naturali alla creatività ed alla realizzazione dei propri talenti si trasformano in distruttività, in sete di potere, in bisogno di affermazione. Essendo autodistruttivi e nemici di se stessi anche ciò che è vissuto come altro da sé diventa un nemico pericoloso. Si perde il senso della vita, assumendo atteggiamenti meccanici e perdendo il contatto con la grande corrente dell'esistenza. La Terra stessa diventa oggetto di consumo e di sfruttamento.

Praticare la mindfulness significa introdurre un inizio di consapevolezza che attiva la capacità di auto-osservarsi e di "vedere" la trappola mentale, emotiva e fisica in cui si è inconsapevolmente imprigionati. Senza questa prima presa di coscienza non sarebbe possibile nessun percorso di trasformazione per ricondursi al nucleo naturale di se stessi.

Ma a questo punto dobbiamo riportare in vita il profondo senso della mindfulness che affonda le sue radici nelle tradizioni sapienziali del buddhismo e della conoscenza iniziatica della cultura vedica e della "filosofia perenne", in cui il Sacro è presente dovunque ed è la radice della vera Conoscenza.

Non è assolutamente facile definire il significato del Sacro perché esso è l'ESPERIENZA che si manifesta sempre quando questo viaggio di consapevolezza e di aspirazione viene condotto con l'anelito del cuore e non con l'atteggiamento utilitaristico di chi concepisce la mindfulness come tecnica per ottenere un benessere personale egocentrato. Se si porta nella pratica meditativa la modalità egoica da cui si vorrebbe fuggire, mettendo la stessa mentalità al servizio della conoscenza di sé, ci si trova invischiati in una trappola ancora più sofisticata di quella di cui ci si vorrebbe liberare.

L'esperienza del Sacro è profondamente collegata all'apertura del Cuore, intendendo per Cuore un centro energetico nel torace, individuato come quarto chakra nella fisiologia sottile della medicina non tradizionale e in numerose tradizioni sapienziali di oriente di occidente ed anche come spazio di coscienza caratterizzato dalla dimensione dell'Amore senza oggetto, dalla compassione e dalla percezione di collegamento e di unità con il Tutto. Nello spazio del Cuore si coglie l'Identità essenziale di ognuno di noi ed avviene un capovolgimento che dall'ego ci sposta al Sé interiore. Questo è il vero fulcro della mindfulness. Senza passare per il Cuore non c'è vera trasformazione e si resta nel piccolo ego.

Lo stesso Kabat-Zinn nella introduzione al libro curato da Fabrizio Didonna, Manuale Clinico di Mindfulness, afferma che la mindfulness è un vasto campo che include numerose pratiche e protocolli e che comprende anche le grandi Tradizioni spirituali. Su questa onda il mio piccolo apporto è aver creato la Self Mindfulness con l'intento di voler rendere centrale l'apertura del Cuore, che talvolta è trascurata in altri sistemi di mindfulness, nella pratica meditativa e nella vita.

Ogni Laboratorio che conduco e ogni intensivo di meditazione hanno sempre alla base questo progetto.



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