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Mindfulness e terapie di gruppo


CONVEGNO DI LUCCA, MAGGIO 2014




Il tema di questo dibattito è: Mindfulness e terapie di gruppo che è un argomento vastissimo; perciò mi perdonerete se sarò molto schematico. Ognuno di questi argomenti di cui tratterò dovrebbe essere molto approfondito. Ma, considerato il tempo ridotto, cercherò di tracciare le linee fondamentali, facendo, però una precisazione e cioè che “le linee più importanti” sono quelle da me ricavate attraverso le esperienze di conduzione di gruppi che ho condotto da molti anni. Tengo a precisare che per il mio modo di essere (ossia per la mia struttura del carattere) non mi è facile teorizzare, ho difficoltà in questo.  Mentre, invece imparo molto attraverso l’azione continua e quindi con l’esperienza costante, da cui ricavo alcuni tracciati che mi orientano e che mi accorgo possano essere utili (in maniera generale) a persone che non hanno fatto la stessa esperienza che mi appartiene. Quindi quando parlo di lavoro di gruppo, per me è scontato che esso sia un percorso in cui ci sia sempre in primo piano il corpo. Cioè ogni terapia di gruppo (nella mia esperienza) è un lavoro in cui l’individuo si possa esprimere e manifestare in ogni aspetto di sé: percettivo, emotivo e cognitivo. Tenendo conto che CORPO è l’individuo TOTALE in tutte le sue varie funzioni.

Detto questo, voglio precisare che un lavoro di gruppo è una esperienza fatta da tanti individui. Questa affermazione può sembrare una banalità, ma non lo è. Innanzitutto  è importante sottolineare che  c’è una  grandissima differenza tra un gruppo  in cui il lavoro è agito da persone che hanno già una buona esperienza di mindfulness, quindi gruppi  di persone che  meditano da tanto tempo, e gruppi di persone che non hanno mai fatto esperienza  di meditazione o sono solo all’inizio o la imparano nel  gruppo stesso.

Premettendo che nel mio lavoro di psicoterapeuta reichiano, sia nelle analisi individuali che nelle terapie di gruppo, per me  è fondamentale  introdurre la meditazione (ad un certo punto dell’esperienza  terapeutica ed  in base alle varie  strutture caratteriali); faccio iniziare con la SAMATHA, la parte iniziale della VIPASSANA, che consiste nell’ascolto del respiro, che porta l’individuo nel corpo ed aiuta a dare la percezione di Sé.

Ma analizziamo cosa accade a livello individuale (dimenticando per un attimo il gruppo). La meditazione, secondo la mia esperienza, produce due effetti fondamentali:

Il primo è la capacita graduale di essere consapevoli di sé, cioè riuscire a sentire di esistere, che può sembrare cosa di poco conto, ma in realtà non siamo quasi mai consapevoli di noi. Laddove per consapevolezza intendo la percezione cosciente di sé. Non si tratta di un fatto mentale ma di un fatto TOTALE. La consapevolezza di sé non è un fenomeno statico perché attiva e produce una serie incredibile e meravigliosa di attitudini.

Il secondo è lo sviluppo di uno spazio di accoglienza all’interno di sé, che è (innanzitutto) uno spazio di accoglienza per se stessi perché non si potrebbe riuscire a vedere e a percepire gli altri se non si fosse capaci di accogliere se stessi. Questo semplice effetto è importantissimo e nelle terapie di gruppo fa la grande differenza. Infatti quando questo spazio individuale di accoglienza viene condiviso nella situazione relazionale gruppo, dà ad esso una dimensione speciale di intimità e di ascolto, soprattutto  nei momenti in cui la meditazione è praticata collettivamente..

Innanzitutto nei gruppi (e chiunque di voi ne abbia esperienza può confermarlo) si manifestano con chiarezza della conflittualità e delle proiezioni. Praticamente essi sono uno spaccato di vita condensato, di tutto ciò che si incontra nelle nostre relazioni.

Cosa cambia quando tutto questo viene  agito da persone che, oltre ad aver fatto un lavoro sulla loro struttura psicologica e sulla loro  personalità, hanno anche cominciato a sviluppare (attraverso  la meditazione) uno spazio di accoglienza? Come ci si pone in un gruppo nei confronti degli altri quando c’è il valore aggiunto della pratica della meditazione e quindi dell’accoglienza? Beh, questo fa una differenza  incredibile perché diventa  ancora più potente ed intensa, l’esperienza  di poter ( contemporaneamente) vivere il proprio conflitto  nella capacità di esserne testimoni. Ed essendo testimoni del proprio conflitto, l’altro non viene più confuso con la persona  che non è, ma si coglie il passaggio transferale in maniera chiara. Si sa contemporaneamente che l’altro è REALE, ma è anche uno strumento e uno specchio che ci permette di vedere il nostro conflitto. E, quando a sua volta” l’altro nel gruppo si manifesta nella sua conflittualità, questo spazio di accoglienza ne fa cogliere l’umanità aldilà dell’aspetto dinamico che crea ripercussioni e disarmonie. Per cui quello che ho io  visto (sempre di più) in gruppi in cui la meditazione viene immessa nel lavoro psico-corporeo è che in ogni caso si crea una solidarietà, una complicità ed una intimità che accelerano il processo di trasformazione. E questa cosa è molto importante.

Tutti questi tre gruppi in minore o maggiore intensità, manifestano delle caratteristiche che

Nella Mindfulness, che proviene dalla Vipassana, la PRESENZA non è l’aspetto fondamentale anche se è la base, ma ci sono due vie e due pratiche che sono l’anima  della VIPASSANA e sono:  METTA e KARUNA (benevolenza  e compassione). Sono qualità che, attraverso la meditazione orientata in questo senso, consentono l’empatia e all’interno di un gruppo la ampliano nei confronti di tutti i componenti di esso..

Ci sono altri aspetti che voglio evidenziare nel lavoro di gruppo in cui è introdotta la meditazione: quando alcune persone si mettono a meditare, gradualmente si armonizzano e si crea una coerenza di campo, cioè un collegamento tra persone che sono diverse tra loro, che hanno aspetti, motivazione e problematiche diverse. La coerenza è un aspetto determinante che favorisce la comunicazione, l’empatia e lo scioglimento dei conflitti.

Questo collegamento si manifesta come coerenza anche a livello cerebrale e, questa coerenza crea uno spazio comune. Per spazio comune s’intende l’insieme di spazi individuali di Presenza ed Accoglienza (spazi del cuore) che si sviluppano in coloro che seguono una pratica quotidiana di meditazione. Per spazio del cuore non s’intende qualcosa di romantico o sentimentale, ma è uno spazio che include tutto e consente di poter stare con le cose cosi come sono, belle e brutte, tristi e allegre. E’ uno spazio che contiene tutto, momento per momento. Chi medita comprende bene ciò che dico perché è una cosa molto tangibile e sperimentabile. Si riesce a stare nello spazio del dolore, della tristezza o della rabbia senza perdere se stessi.

Quando ci sono meditanti in un gruppo ogni spazio personale diventa spazio collettivo e comune. In realtà lo spazio personale è un’illusione: se mi apro allo spazio del Cuore sono nella coscienza che si spalanca ad una esperienza di vastità e mi ritrovo quindi in uno spazio condiviso. Condivisione significa che io sto con te comunque tu sia perché io ti vedo e ti sento come me.

E qui ricordo il film AVATAR: IO TI VEDO…è bellissimo e reale!

Parliamo ora delle emozioni “negative” che si scatenano nei gruppi Posso testimoniare che c’è una grande differenza con molte altre terapie che le considerano da eliminare. Non esistono i SENTIMENTI NEGATIVI perché sono tutti funzionali. È ovvio che bisogna lavorare sull’ombra. Però lavorare su di essa, senza avere la capacità di ESSERCI consapevolmente, può aumentarne la potenza e cristallizzarla. Bisogna invece creare le condizioni interiori per trasformare l’ombra. Le emozioni bloccate non si sciolgono soltanto attraverso lo sfogo. All’inizio possiamo sentirci liberati perché finalmente siamo riusciti ad esprimerle, ma questo non è sufficiente. Invece quando esce fuori un sentimento di sofferenza dentro al gruppo che lavora con la meditazione, si ha la  capacita di stare nell’ emozione, ma senza perdersi in essa: esisto e posso partecipare all’emozione senza esserne  catturato, ma potendo accogliere. Sono in grado di accogliere l’emozione della mia ombra, ma anche quella dell’altro, proprio perché vedo, nel mio spazio di accoglienza, cosa c’è dietro quella sofferenza. Vedo l’umanità dietro l’ombra che si sta manifestando come rabbia o dolore. Questo dà la possibilità, sia di trasformare  la mia emozione , sia di  accogliere, aiutare a trasformare quella dell’altro, diventando solidale con la parte buona e positiva di quella emozione.

Quindi un altro effetto è la disidentificazione che non vuol dire “io mi separo” ma significa “sto con, ma non mi perdo in”. Non mi perdo nell’altro e sto con me.  Molti pensano che, meditando, si perda il contatto con la vita. Se mediti invece il contatto con la vita diventa più saporito, nella gioia e nel dolore, proprio perché l’esperienza viene vissuta totalmente con coscienza.

Altro aspetto ulteriore che  si verifica nella dimensione  di gruppo è l’equilibrio dei conflitti ovvero tutta la conflittualità che si scatena in una serie  di persone riesce ad essere piu armonizzata, proprio quando ci sono momenti di spazio comune in più persone e questo cambiamento di energia si avverte nell’aria. Ogni terapeuta percepisce quando si crea una situazione d’inerzia o di eccessiva tensione; invece quando si entra in questo spazio comune di Cuore, si percepisce che l’energia diventare leggera, ma anche piena, e si sente veramente l’unione come esperienza concreta.

Io credo sia una grande opportunità poter inserire sempre di più la meditazione nel processo di trasformazione di un individuo e nelle esperienze di gruppo.  Poter finalmente parlare di questo argomento e, sopratutto, poter offrire anche ai bambini questa possibilità è un sogno fantastico che inizia a realizzarsi.

Io ritengo che oramai si debba affermare e ratificare che non può esistere nessun lavoro sulla struttura del carattere, sia individuale che di gruppo, che non contempli la possibilità di sviluppare questo spazio del cuore che la meditazione ci offre.


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